martedì 13 settembre 2011

9 Settembre 2011 - Ferrata delle Trincee da passo Fedaia

Venerdì di ferie. Calda giornata di Settembre. Tempo previsto : bello. Si va in Dolomiti per fuggire dalla città e dalla noia quotidiana, in cerca di aria pura, di libertà ed emozioni.

Siamo solo io e Tabarez. Di fare una via di roccia da soli ancora non se ne parla. Il rischio di restare incrodati è troppo grosso. Bisogna fare ancora un po' di esperienza.


Decidiamo di fare una ferrata in cresta: la ferrata delle Trincee che Lorenzo mi ha detto essere molto bella.

Saliamo da Passo Fedaia fino a porta Vescovo. All'attacco della ferrata aspettiamo una ventina di minuti ( giusto il tempo di congelarsi le mani). Ci sono escursionisti tedeschi , polacchi e francesi e i primi cinquanta metri ripidi creano un po' di coda. Ed io che pensavo che essendo un venerdì di Settembre non ci sarebbe stato nessuno...

Sarà la Marmolada con il ghiacciao che abbiamo alle spalle , sarà il vento che soffia, il freddo si fa sentire nei primi cento metri di ferrata e come al solito soffro un po' l'acclimatamento.

Ci vuole anche un po' perchè mi passi l'ansia di aver scelto una ferrata difficile. Le relazioni che si trovano su internet, lo so, o sono fatte da gente che non è capace di andare in montagna o da qualcuno che vuole ventarsi sulla rete di aver fatto imprese impossibili, ma le leggo sempre e ogni volta mi faccio influenzare e, timorosa, sono pronta ad aspettarmi delle difficoltà enormi che non ci sono mai. Ci sono solo dieci metri da tirarsi su sul cavo, non 100. La roccia del Padon non è levigata, semplicemente non è calcare e bisogna saper usare i piedi. Assomiglia molto alla trachite di rocca pendice ( è come essere a casa) e i miei scarponi in vibram,anche se un po' consumati, tengono che è un piacere.

Quando la circolazione sanguigna periferica si riattiva sulle mani mi sono rilassata e inizio a godermi il percorso e il panorama. Tabarez era tranquillo da subito, ma del freddo se ne è accorto anche lui ed ha ancora il giubbino addosso.

Ci fermiamo a fare qualche foto e le persone davanti a noi scompaiono. Per tutta la ferrata staremo in compagnia di una coppia di ragazzi polacchi che ci seguono silenziosi.

Il panorama è stupendo, siamo sospesi in aria tra la Marmolada e il Sella. La Marmolada da così vicino non l'avevo mai vista. Il ghiacciaio me lo immaginavo più grande ma è spettacolare, azzurro, grigio e bianco. Sotto di noi si vede il lago Fedaia di un blu cobalto.

Questa mattina, quando siamo partiti da Padova, avevo un po' di sensi di colpa per il lavoro ad essere in ferie con tutte le cose che c'erano da fare. Adesso che sono qui mi verrebbe da spedire una foto a tutti i colleghi e scrivergli che sono dei pirla a stare in ufficio.

Passiamo un ponte di legno sospeso con qualche asse scardinata e dopo un po' siamo in cima alla Mesola e iniziamo a scendere. Quando c'è da scendere in ferrata non è mai piacevole, ma visto che ultimamente sono diventata esperta nell'arrampicare in discesa sul IV e V grado ( questa è un'altra storia) mi viene anche bene.

A mezzogirono e mezzo abbiamo finito la prima parte della ferrata. Qui sarebbe possibile scendere verso il rifugio Padon, ma decidiamo di continuare la ferrata fino al bivacco Bontadini. La giornata è splendia, intorno a noi non c'è una nuvola.

Un caprone ci saluta mentre facciamo una breve sosta merenda.

Il percorso continua lungo la cresta del Padon. A volte siamo sul lato che guarda la Marmolada, a volte sul lato che guarda il lagazuoi, le Tofane. La cresta del Padon è un ottimo posto dove poter studiare la geografia delle Dolomiti.

Sono quasi le tre e le ore di cammino iniziano a farsi sentire. Del bivacco non si vede l'ombra ( se ne starà nascosto fino all'ultimo) e iniziamo a sconfortarci un po'. La galleria che imbocchiamo è abbastanza lunga e crea un po' di suspance, ma all'uscita arriviamo al bivacco. Ci siamo !

Sono le tre del pomeriggio e finalmente si pranza. Pane alle noci del panificio Garbo della Guizza (raccomandato) e grana. Nemmeno un re mangia meglio.

Ci dirigiamo verso il rifugio Padon dove ci aspetta una fetta di torta galattica e dove raccolgo informazioni sulla ricetta della Linzer Torte.

Ultima discesa fino al Fedaia. Passeggiata romantica lungo il lago fino alla macchina per concludere la giornata. Il Civetta è bellissimo illuminato dal sole del tardo pomriggio.

mercoledì 7 settembre 2011

7 Settembre 2011- La cartolina del Rifugio Taramelli

Continua la saga sui Monzoni. Questa sera, sorpresissima è arrivata la cartolina del Rifugio Taramelli che il gestore aveva promesso di spedirmi quando siamo passati di lì a luglio, visto che le cartoline le avevano finite.



Un dei motivi per cui mi piacciono le persone che lavorano e vivono in montagna. Nel mio immaginario vivono una vita più concreta fatta di piccoli gesti tutti pieni.


Grazie per questo gesto. Grazie per la promessa mantenuta.

martedì 23 agosto 2011

20 - 21 agosto 2011 - prima via alpinistica autogestita sulla cresta di Costabella

Molto spesso, quando si deve rinunciare ad una cima o a percorrere l'itinerario che ci si era prefissati ci si dice per rincuorarsi "tanto la montagna è sempre là, torneremo un' altra volta" ma si resta sempre con un po' d'amaro in bocca.

Questo è il caso in cui è valsa la pena rinunciare ad una meta con il brutto tempo per tornare nello stesso posto con una bellissima giornata di sole senza una nuvola ( la prima, piccolissima, è comparsa all'orizzonte nel pomeriggio).


L'avventura comincia un giovedì sera a casa mia davanti ad una coppetta di gelato dove decidiamo di ritentare il sentiero attrezzato Bepi Zac sulla cresta di Costabella sopra passo San pellegrino.


Spargiamo la voce ma poco perchè questa volta, con tempo splendido, vogliamo fare tutto il giro completo anche quello finale classificato difficile.

Ci ritroviamo solo in tre io Lorenzo e Tabarez.


Saliamo la sera prima al rifugio le Selle, romanticamente dedicato a tutti i vagabondi della montagna.


Ottima cena. I ricordi di quella sera : la cameriera russa, o giù di lì, simpaticamente mi rimprovera ad ogni portata perchè sono sempre l'ultima a finire : la minestra d'orzo, la frittata e pure il dolce; tramonto rosso in dolomiti, il sole cala dietro le torri del Vaiolet dopo averle accese di fuoco;una lunga chiacchierata con Floriano, il gestore del rifugio, che ci mostra le foto storiche in bianco e nero recuperate dagli archivi militari austriaci e ci racconta le storie tragiche di giovani ragazzi per non dire bambini che sono morti per un'ingiusta guerra proprio su questa cresta.


La notte facciamo fatica a prendere sonno. Dalla finestra della camera vedo un cielo stellato di quelli che in città non esistono e aspetto una stella cadente, ma fino alle tre conto solo una ventina di aerei. Con gli arei i desideri non valgono e infatti a me e a Tabarez non ci richiameranno al corso roccia.


Al mattino successivo, dopo una colazione sfarzosa, partiamo per il sentiero attrezzato Bepi Zac.


E' una giornata splendida e arrivati sulla cresta con poca fatica il panorama si amplia enormemente.


Penso che vediamo tutte le dolomiti del Veneto e del Trentino insieme. Latemar, Catinaccio, Sasso Lungo e Sasso Piatto, le Odle il Sella, la Marmolada da Sud , e poi il Civetta il Pelmo, l'Agner, le Pale di San Martino e quelle che non ho nominato è solo perchè la mia ignoranza non permette di essere certi che fossero proprio quelle, ma c'erano.


Lorenzo, come al solito, ripete " che bello" ogni tre passi.


Lungo il percorso vediamo quel che resta dei baraccamenti austriaci e dei posti di vedetta costruiti durante la guerra. Le sensazioni generate dall'imponente panorama mozzafiato delle cime che ci circondano contrastano con quelle provocate dalle montagne bucate dagli uomini per osservare e uccidere altri uomini. Dentro una caverna c'è persino un dormitorio per i soldati conservato così com'era nel 1916 con i due piani di brande di legno. Freddo e ammuffito. Gelo nello stomaco.


Il sentiero attrezzato Bepi Zac si infila poi all'interno nel Sasso di Costabella , un masso enorme bucato e scavato durante la guerra dagli Italiani che avevano creato qui dentro il loro osservatorio sulla zona circostante. Oggi all'interno è stato creata al suo interno una mostra fotografica permanente "guerra alla guerra" con foto anche cruente sottotitolate da pensieri anche sarcastici contro la bestialità della guerra.


Non scendiamo per forcella Ciadin verso il passo (giro abituale per chi fa la Bepi Zac) ma proseguiamo in direzione Cima Uomo per un sentiero attrezzato poco su cengia esposta. I miei pensieri sugli orrori bellici vengono sostituiti velocemente dai pensieri di non scivolare giù per il burrone sottostante. E' bastato un cartello "sentiero alpinistico per esperti" a farmi pensare che forse non sono abbastanza alpinista per procedere e paleso i miei timori ai compagni di gita che, fingendo di darmi retta, mi dicono di andare avanti un po' che casomai poi si torna indietro. Ma dopo un muro di cinquanta metri attrezzato dove si sale facendo aderenza capisco che di lì non si torna indietro ed è meglio continuare godendosi il panorama stando attenti a dove si mettono i piedi.


Il sentiero è ricco di sorprese alpinistiche e mette a dura prova i miei nervi poco saldi. L'ambiente è severo. Saliamo per un canalone friabile in ombra. Non si vede dove e quando finirà. Speriamo solo che la progressione non diventi più difficile di così se no sono cavoli amari. La salita, un po' inquietante ma alla fine divertente perchè mette alla prova le nostre pseudo capacità arrampicatorie, termina su una forcella panoramicissima che ci porta ad un bellissimo terrazzo vista Sella in primo piano ( uno degli spettacoli più belli sulle Dolomiti che mi sia mai capitato). Mi sono rincuorata, ora si vede una bella traccia chiara del sentiero e individuiamo anche forcella Uomo dove dobbiamo arrivare anche se è un po' più lontana del previsto. Il cielo continua ad essere completamente libero di nubi e quindi possiamo stare tranquilli. Che meraviglia questo posto. Siamo in cima al mondo e siamo da soli. Non c'è anima viva. Foto per festeggiare. A questo punto si sale ancora dolcemente e poi si scende sul friabile ma non troppo esposto. Il sentiero attraversa una cengia strettina e franosa sotto delle guglie altissime ( torre California è quella più grande di 50 metri). Ultima salita e raggiungiamo Forcella Uomo. Foto di rito.


Siamo raggiunti da un gruppo di quattro persone di Trento uno dei quali è del soccorso alpino e ci fermiamo tutti sotto un riparo di legno in cerca di ombra. Io e Lorenzo siamo troppo stanchi per pensare di fare anche la Cima uomo. Glauco si adegua senza troppi ripensamenti. L'unico che sale è quello del soccorso alpino. Chiacchieriamo con gli altri tre finchè mangiamo qualcosa e scopriamo che sono di Cles ( ultimamente conosco solo gente di Cles, vedi Speck) e uno di loro apre una mela a metà con le mani ( come Trinità!!). Io e Lorenzo l'abbiamo pensato entrambi subito ma ce lo siamo detti dopo.


A questo punto le fatiche dovrebbero essere finite e ci dovrebbe essere la discesa su ghiaione. Peccato che il ghiaione comincia 300 metri dopo e prima c'è quello che era un ghiaione cento anni fa o meglio sono pietre grosse ricoperte di sassi friabili su una pendenza di 45 gradi. Forse esagero ma per un attimo, anche due, ho pensato che forse invece di scendere era meglio rifare all'indietro tutte le 6 ore di cammino !!


Mando avanti Lorenzo, il più alpinista dei tre e lo seguo a debita distanza. Ogni passo che fai si muovono sassi e non sai se andrai a valle con loro o resterai in piedi. In un tempo che sembra interminabile e intervellato da qualche mio urletto quando mi franano i piedi, arriviamo alla salvezza : un bellissimo ghiaione di sasso fine dove si scia che è un piacere e, qualche tombolone a parte dovuto all'eccessiva velocità, arriviamo ai prati. Ci giriamo indietro. Forcella uomo è 800 metri sopra di noi e ci sembra impossibile essere scesi di lì.


Resta l'ultimo sforzo sotto un caldo cocente fino alla macchina. Oggi il sole non ha mai smesso di picchiare. Gli effetti si sono visti su Lorenzo quando ha iniziato a boxare sulle reti delle piste da sci chiuse.



Chissà quando mi ricapita un impresa del genere!



Le foto: Il primo giorno al rifugio Le Selle , Il sentiero attrezzato Bepi Zac, il sentiero alpinistico.




giovedì 21 luglio 2011

17 luglio - Gruppo dei Monzoni da Passo San Pellegrino

Eravamo partiti da Padova alle sei di mattina verso Passo San Pellegrino per fare il sentiero attrezzato Bepi Zac , che parte dal passo delle Selle a 2500 metri e sale lungo la cresta di Costabella. L'obiettivo era quello di arrivare fino a Forcella Uomo e quindi avevamo anche la corda per attrezzare se necessario.
Obbiettivo impegnativo. Tutti convinti ( quasi tutti). Qualcuno aveva già brontolato per l'alzataccia e invece di partire alle 6, come da programma, era partito mezz'ora dopo correndo in autostrada in barba agli autovelox e aveva anche dichiarato che per eliminare dislivello e recuperare tempo avrebbe preso la cabinovia.
Io, la cabinovia ? " Mai. Se si fa , si fa tutta a piedi. "




Ad Agordo troviamo un po' di confusione perchè consegnano i pettorali per la Transcivetta che credevo una gara per pochi eletti, ma dal numero dei partecipanti non sembrerebbe. Forse al mondo ci sono più superman che comuni mortali.
La pasticceria non ci tradise però nemmeno questa volta, nonostante la ressa. Meglio un krafen alla marmellata che una barretta energetica.



Partiamo in quattro ( io, Tabarez, Ale e Tabani) dal passo San Pellegrino. Alri due ci raggiungeranno con la cabinovia da Costabella al passo delle Selle. Attorno a noi, tranquille vacche di montagna molto belle e con le ciglia lunghe ci guardano. Andrea ha i pantaloni rossi ma non c'è nesun toro che lo carica.
In alto nuvoloni neri posizionati esattaente sulla cresta di Costabella....



Al passo delle Selle scopriamo che la sera prima ha grandinato copiosamente e ai bordi del sentiero ci sono ancora dei mucchi di ghiaccio che sembrano appena usciti dal frezeer. Il gestore, al quale chiedo un parere dopo essermi imbragata, ci sconsiglia la salita, visto il tempo, e così , un po' demoralizzati, apriamo la carta topografica in cerca di qualche ripiego ( mi riprometto che la prossima volta verrò in montagna solo con alta pressione e sole previsto su tutte le alpi, promessa mai mantenuta sinora).
Sulla carta si vede il rifugio Taramelli e la passeggiata verso il rifugio sembra non troppo corta. Arrivati lì, in base al tempo e al nostro spirito, decideremo cosa fare. Ancora non sappiamo quale splendida avventura ci riserva questa meta alternativa.
Iniziamo a scendere nella valle di Monzoni per un sentiero ripido. La zona è ricca d'acqua . Ci son cascate a destra e a sinistra. Proseguendo nella discesa, ad un certo punto, vediamo il rifugio di pietra e fatto a cubo, chiuso nella valle. Visione da favole. Credo di aver fatto la stessa espressione di Biancaneve quando ha visto nel bosco la casa dei sette nani. Inizio a pensare che la sveglia alle cinque non è stata inutile, nonostante la rinuncia all'obbiettivo iniziale.



Al Tarmelli non hanno le cartoline per la mia raccolta e così lascio al gestore 2 euro e il mio indirizzo facendomi promettere che mi spedirà la cartolina a Padova. Oggi è il 15 di Agosto e non è ancora arrivato nulla ma sono fiduciosa nella bontà del gestore.
E' solo mezzogiorno e pensare che la mia escursione finisce qui e che dopo pranzo rifacciamo il percorso a ritroso non mi sta bene. Nemmeno un giro ad anello ????
Dalla carta sembrerebbe possibile proseguire fino al rifugio Vallaccia ( mt. 2275.) salire fino alla foreclla la Costella ( mt. 2510) e poi ridiscendere un po' sotto il passo San Pellegrino in direzione Moena , forse un po' più vicino a Moena che al passo ma si potrebbe risolvere con l'autostop per riprendere la macchina.
Due dei miei amici, quelli della cabinovia, hanno fame e uno ha anche mal di testa e quindi non se la sentono di fare il giro ad anello, ma Michele, generosmente, si offre di venirci a riprendre all'uscita del sentiero a Ronc di Fassa con la macchina. Noi quattro rimasti, a questa frase, ci scambiamo una rapida occhiata e quindi Ale esclama " Beh , se è così allora possiamo davvero provarci". In tre secondi abbiamo già gli zaini in spalla e correndo salutiamo e auguriamo buon pranzo e buon ritorno !! Ci vediamo a Ronc di Fassa.




Il sentiero verso il Vallaccia non è molto ripido per cui teniamo un bel passo sostenuto. Sulla strada incrociamo una serie di casette di legno attrezzate a bivacco. Bello, da farci un pensierino a ripassare di qui. In 45 minuti siamo al Vallaccia ed è persino comparso il sole. Il rifugio è di legno con gli infissi rossi e dentro è caldo ed accogliente. Peccato non potersi femare più a lungo. In ogni caso hanno la cartolina per la mia raccolta.



Breve pausa e quindi si punta alla forcella. Il sentiero si fa più impegnativo. Ci mettiamo il casco per passare sotto il paretone di punta Vallaccia. Scaliniamo sulla grandine del giorno prima impaccata come neve ghiacciata. Tabarez vince la sfida per la forcella e arriva primo. In cima tira una bella aria ma ancora non piove.



Foto di rito anche perchè da qui inizia la discesa e le difficoltà dovrebbero essere finite. E invece... ecco la prima sorpresa. Dalla carta il nostro sentiero dovrebbe scendere più meno verticalmente a zig zag dalla cima e invece il segnavia indica di prendere a sinistra. Proviamo a seguire la labile traccia indicata dalla tabella ma questa finisce nel niente perciò ritorniamo alla forcella e tirata fuori la bussola e orientata la carta decidiamo di scendere. Dopo una cinquantina di metri iniziamo a vedere dei segni bianchi e rossi che ci danno la conferma di aver preso la strada giusta.



Il sentiro procede su terreno sconnesso dagli scavi delle marmotte che nascoste fischiano in continuazione. Pericolo oggettivo della montagna: "possibilità di cadere dentro un buco di una marmotta" ai corsi non te lo insegnano ma qui è proprio così.



Il sentiero non è molto segnato, ma più o meno capita la direzione, ci siamo orientati con la bussola e la carta. Bellissimo l'incrocio con altri sentieri dove c'era il palo con tutti i segnavia attaccati tranne il nostro che era per terra.


Incontri ravvicinati con marmotte a iosa e ad un certo punto verso il limitar del bosco con mucche e cavalli ed infine anche con un cerbiatto che ci guradava dall'alto curioso.


Ore 15 e 30 suona il mio cellulare in fondo allo zaino. E' Michele che è già arrivato al passo San Pellegrino per sapere a che punto siamo. Non ne ho la più pallida idea ma mento spudoratamente per paura che non ci aspetti. "Siamo già nel bosco sui 1700 metri , fra mezz'ora arriviamo all'uscita del sentiero."


Dopo dieci minuti troviamo un cartello che indica "ronc di fassa 50 minuti". Un acceleratina finale, qualche goccia di pioggia e non ci hanno aspettato neanche più tanto.


Grazie a tutti, anche questa volta è stata un'avventura stupenda.

Il link del percorso rilevato con il GPS.

martedì 26 aprile 2011

25 Aprile 2011 - Spigolo Barbiero a Rocca Pendice

Non ho mai creduto agli oroscopi ma questo era l'oroscopo pubblicato su D-Magazine allegato alla Repubblica di Sabato



CAPRICORNO
Alcuni non sanno nemmeno più se si stanno arrampicando su roccia, neve o ghiaccio.
Però proseguono, e lo fanno bene, immersi in un esercizio che comporta il sacrificio di andare oltre se stessi.


Pareti strapiombanti, creste strette, scarsità di appigli e appoggi, chissà mai dove sono finiti i ramponi e la picozza.
Ogni tanto vi viene il mal di montagna, forse siete oltre quota cinquemila. Il silenzio è assoluto, non arriva il vostro amore a darvi il bacino sulla punta del naso infreddolito. Mentre gli umani vanno incontro al sole di primavera, voi state lì. Appesi sul vuoto. A conquistare la saggezza.



E domenica , quasi dignitosamente , abbiamo fatto lo Spigolo Barbiero a Rocca Pendice. Mi sudano ancora le mani, se ci penso.



Grazie sopratutto agli splendidi capocordata Carlo e Renato, senza i quali la conquista della via non sarebbe stata possibile e agli altri compagni di cordata Roberta e Glauco.



Una giornata carica di emozioni. Il sole ci ha tenuto compagnia, il vento ci ha fatto respirare la libertà di poter stare su una cresta in cima al mondo ( anche se era solo la pianura Padana ), la polvere lavica appiccicata alla faccia e sotto le unghie ci ha fatto sentire un tutt'uno con la terra, i rovi in mezzo alla via, e l'edera rampicante sull'ultimo tiro ci dicevano che forse gli uomini da quelle parti non sono come a casa, ma l'albero alla fine del passaggio delle canne ci ha fatto capire che non tutta la vegetazione è ostile a Rocca Pendice. Più di qualche lucertola ha salutato il nostro passaggio.



Una giornata piena di risate: le corde di 70 metri che si attorcigliavano ( il brutto di arrampicare in tre), le soste mignon ( "muoviti a partire che stiamo stretti" ), il pilastrino che ho salito pregando "tieni tesa quella corda", lo zaino fatto recuperare da Glauco con la corda come se stessimo salendo il k2 dopo che Carlo se l'era portato da primo sulle spalle per 3 tiri. Le idee di Renato, prontamente respinte dai pivelli del gruppo, che sotto al pilastrino voleva calarsi in doppia sui diedri delle nebbie per allungare l'itinerario. La foto di vetta sull'altare di Rocca ( ma se arrivavamo a piedi non facevamo meno fatica ? ).

domenica 6 marzo 2011

Corso di fondo 2011 e seguito

6 marzo 2011- Campionati del mondo di sci nordico. Il norvegese Petter Nortugh vince la medaglia d'oro nella 50 km.

4 marzo 2011 - campionati del mondo di sci nordico - staffetta 4 x 10 km . Vince la Norvegia con un attacco finale strabiliante a 2 km dal traguardo di Petter Nortugh .

Petter Northug: un mito, fortissimo.

Due settimane prima, in Val Maron sopra Enego sono caduti 60 cm di neve, le temperature sono scese ben sotto lo zero nella piana di Marcesina e dopo la conclusione del corso di sci di fondo decidiamo di affrontare la pista verde Falco di ben 27,5 km. Sci comprati da poco, Peltonen made in Finland, giornata di splendido sole, piste poco affollate. Le premesse per un impresa degna di nota ci sono tutte.

Partenza sprint, dal Centro Fondo andiamo senza mai fermarci fino al Rifugio Marcesina a 4,3 km (complice la leggera discesa e una neve veloce). Foto ad uno splendido panorama finchè sorseggio il tea caldo e mi tolgo uno strato di vestiti. La piana di Marcesina è uno dei posti più freddi d'Italia ma il sole scalda.

Proseguiamo lungo la nostra pista ora leggermente in salita fino al bivio Casermetta , giriamo a destra sempre in salita e andiamo verso l'albergo Marcesina. Da questo lato si ha una vista fantastica sui Lagorai e Cima d'Asta completamente sgombri dalle nubi. La foto è un' ottima scusa per fermarsi a tirare il fiato.

Ripartiamo fino al bivio Marcesina ( Km 5,3) dove lasciamo la pista principale per un sentiero in salita. Si procede un po' più lenti ma a velocità costante. Sappiamo che il tratto che ci aspetta è impegnativo. All'interno del bosco all'ombra la neve è meno battuta e gli sci affondano. Si fa un po' più fatica. Un paio di sciatori mi superano. Li guardo allontanarsi con invidia. Non riesco a tenere il loro passo.

Arriviamo ad un incrocio ( Km 8,5) e prendiamo a sinistra. Da qui ci sono gli ultimi chilometri in salita, ancora più ripidi e poi dovrebbe essere tutta discesa.

La pista è diventata molto più stretta e così poco battuta che capita di affondare il bastoncino nella neve per spingersi e restare piantati lì e così pure con gli sci, ma il posto è davvero incantevole. Passiamo sotto a delle pareti con piccole cascate di ghiaccio, i rami degli alberi sono carichi di neve. Sembra di essere in una fiaba nordica e potrebbe comparire da un momento all'altro una fata della neve. Invece solo qualche sciatore in contromano. La salita, nonostante l'altimetria della piantina, non è per nulla tosta, o sono gli sci nuovi oppure sono davvero diventata forte che non mi accorgo della salita. C'è anche una discesa non segnata sulla carta e solo a questo punto mi viene il dubbio che avremmo potuto aver preso un' altra pista, ma è troppo bello questo percorso, vado avanti a vedere dove porta sperando di non essermi allontanata troppo.

Ma non devo aspettare molto per realizzare esattamente dove sono : un bivio e un cartello indicano località Scalette. ( Km 12,7). Noo! Capisco in un attimo che nonostante gli sci nuovi non mi sono trasformata in Petter Northug e che in salita non facevo fatica perchè di salita non ce n'era. Siamo sulla pista rossa.

Ripianifichiamo il percorso, decidiamo di tornare verso l'albergo Marcesina (Km 14) e quindi da lì di prendere la divertentissima e poco frequentata pista blu che tutta in discesa si collega alla pista principale verso Val Maron e il centro fondo.

Abbiamo percorso circa 22 km di grande soddisfazione e fatica. Una variante mussati a sorpresa che ha reso tutto più entusiasmante.

Dopo lo sci un succo di mirtillo ( speciale da provare ) come i campioni e un panino al prosciutto e torniamo a casa.

Si ringraziano il tempo (una giornata più bella di così non si poteva trovare), i maestri della scuola di sci del centro fondo Enego ( l'anno scorso non riuscivo a fare più di 10 km) e gli sci nuovi che mi hanno permesso , seppur con una certa nostalgia, di salutare il noleggio di Valmaron con i suoi sci storici ma dalla pattinata stanca.

Arrivederci all'anno prossimo. (Le foto).

Un saluto al maestro Gabriele, che ha dovuto ammettere che le ragazze del corso erano più foti dei maschi, a Gianni che dopo cinque lezioni è riuscito a domare gli sci in discesa, a Bepi instacabile macinatore di chilometri, a Cristina leggiadra sulla neve, a Marco già campione di skating appena indossati gli sci, e infine a Glauco con lo sci più lungo di tutta Enego.

Una scusa a Stefano: sono nata irreverente e gli articoli d'ufficio non riesco a scriverli.