martedì 23 agosto 2011

20 - 21 agosto 2011 - prima via alpinistica autogestita sulla cresta di Costabella

Molto spesso, quando si deve rinunciare ad una cima o a percorrere l'itinerario che ci si era prefissati ci si dice per rincuorarsi "tanto la montagna è sempre là, torneremo un' altra volta" ma si resta sempre con un po' d'amaro in bocca.

Questo è il caso in cui è valsa la pena rinunciare ad una meta con il brutto tempo per tornare nello stesso posto con una bellissima giornata di sole senza una nuvola ( la prima, piccolissima, è comparsa all'orizzonte nel pomeriggio).


L'avventura comincia un giovedì sera a casa mia davanti ad una coppetta di gelato dove decidiamo di ritentare il sentiero attrezzato Bepi Zac sulla cresta di Costabella sopra passo San pellegrino.


Spargiamo la voce ma poco perchè questa volta, con tempo splendido, vogliamo fare tutto il giro completo anche quello finale classificato difficile.

Ci ritroviamo solo in tre io Lorenzo e Tabarez.


Saliamo la sera prima al rifugio le Selle, romanticamente dedicato a tutti i vagabondi della montagna.


Ottima cena. I ricordi di quella sera : la cameriera russa, o giù di lì, simpaticamente mi rimprovera ad ogni portata perchè sono sempre l'ultima a finire : la minestra d'orzo, la frittata e pure il dolce; tramonto rosso in dolomiti, il sole cala dietro le torri del Vaiolet dopo averle accese di fuoco;una lunga chiacchierata con Floriano, il gestore del rifugio, che ci mostra le foto storiche in bianco e nero recuperate dagli archivi militari austriaci e ci racconta le storie tragiche di giovani ragazzi per non dire bambini che sono morti per un'ingiusta guerra proprio su questa cresta.


La notte facciamo fatica a prendere sonno. Dalla finestra della camera vedo un cielo stellato di quelli che in città non esistono e aspetto una stella cadente, ma fino alle tre conto solo una ventina di aerei. Con gli arei i desideri non valgono e infatti a me e a Tabarez non ci richiameranno al corso roccia.


Al mattino successivo, dopo una colazione sfarzosa, partiamo per il sentiero attrezzato Bepi Zac.


E' una giornata splendida e arrivati sulla cresta con poca fatica il panorama si amplia enormemente.


Penso che vediamo tutte le dolomiti del Veneto e del Trentino insieme. Latemar, Catinaccio, Sasso Lungo e Sasso Piatto, le Odle il Sella, la Marmolada da Sud , e poi il Civetta il Pelmo, l'Agner, le Pale di San Martino e quelle che non ho nominato è solo perchè la mia ignoranza non permette di essere certi che fossero proprio quelle, ma c'erano.


Lorenzo, come al solito, ripete " che bello" ogni tre passi.


Lungo il percorso vediamo quel che resta dei baraccamenti austriaci e dei posti di vedetta costruiti durante la guerra. Le sensazioni generate dall'imponente panorama mozzafiato delle cime che ci circondano contrastano con quelle provocate dalle montagne bucate dagli uomini per osservare e uccidere altri uomini. Dentro una caverna c'è persino un dormitorio per i soldati conservato così com'era nel 1916 con i due piani di brande di legno. Freddo e ammuffito. Gelo nello stomaco.


Il sentiero attrezzato Bepi Zac si infila poi all'interno nel Sasso di Costabella , un masso enorme bucato e scavato durante la guerra dagli Italiani che avevano creato qui dentro il loro osservatorio sulla zona circostante. Oggi all'interno è stato creata al suo interno una mostra fotografica permanente "guerra alla guerra" con foto anche cruente sottotitolate da pensieri anche sarcastici contro la bestialità della guerra.


Non scendiamo per forcella Ciadin verso il passo (giro abituale per chi fa la Bepi Zac) ma proseguiamo in direzione Cima Uomo per un sentiero attrezzato poco su cengia esposta. I miei pensieri sugli orrori bellici vengono sostituiti velocemente dai pensieri di non scivolare giù per il burrone sottostante. E' bastato un cartello "sentiero alpinistico per esperti" a farmi pensare che forse non sono abbastanza alpinista per procedere e paleso i miei timori ai compagni di gita che, fingendo di darmi retta, mi dicono di andare avanti un po' che casomai poi si torna indietro. Ma dopo un muro di cinquanta metri attrezzato dove si sale facendo aderenza capisco che di lì non si torna indietro ed è meglio continuare godendosi il panorama stando attenti a dove si mettono i piedi.


Il sentiero è ricco di sorprese alpinistiche e mette a dura prova i miei nervi poco saldi. L'ambiente è severo. Saliamo per un canalone friabile in ombra. Non si vede dove e quando finirà. Speriamo solo che la progressione non diventi più difficile di così se no sono cavoli amari. La salita, un po' inquietante ma alla fine divertente perchè mette alla prova le nostre pseudo capacità arrampicatorie, termina su una forcella panoramicissima che ci porta ad un bellissimo terrazzo vista Sella in primo piano ( uno degli spettacoli più belli sulle Dolomiti che mi sia mai capitato). Mi sono rincuorata, ora si vede una bella traccia chiara del sentiero e individuiamo anche forcella Uomo dove dobbiamo arrivare anche se è un po' più lontana del previsto. Il cielo continua ad essere completamente libero di nubi e quindi possiamo stare tranquilli. Che meraviglia questo posto. Siamo in cima al mondo e siamo da soli. Non c'è anima viva. Foto per festeggiare. A questo punto si sale ancora dolcemente e poi si scende sul friabile ma non troppo esposto. Il sentiero attraversa una cengia strettina e franosa sotto delle guglie altissime ( torre California è quella più grande di 50 metri). Ultima salita e raggiungiamo Forcella Uomo. Foto di rito.


Siamo raggiunti da un gruppo di quattro persone di Trento uno dei quali è del soccorso alpino e ci fermiamo tutti sotto un riparo di legno in cerca di ombra. Io e Lorenzo siamo troppo stanchi per pensare di fare anche la Cima uomo. Glauco si adegua senza troppi ripensamenti. L'unico che sale è quello del soccorso alpino. Chiacchieriamo con gli altri tre finchè mangiamo qualcosa e scopriamo che sono di Cles ( ultimamente conosco solo gente di Cles, vedi Speck) e uno di loro apre una mela a metà con le mani ( come Trinità!!). Io e Lorenzo l'abbiamo pensato entrambi subito ma ce lo siamo detti dopo.


A questo punto le fatiche dovrebbero essere finite e ci dovrebbe essere la discesa su ghiaione. Peccato che il ghiaione comincia 300 metri dopo e prima c'è quello che era un ghiaione cento anni fa o meglio sono pietre grosse ricoperte di sassi friabili su una pendenza di 45 gradi. Forse esagero ma per un attimo, anche due, ho pensato che forse invece di scendere era meglio rifare all'indietro tutte le 6 ore di cammino !!


Mando avanti Lorenzo, il più alpinista dei tre e lo seguo a debita distanza. Ogni passo che fai si muovono sassi e non sai se andrai a valle con loro o resterai in piedi. In un tempo che sembra interminabile e intervellato da qualche mio urletto quando mi franano i piedi, arriviamo alla salvezza : un bellissimo ghiaione di sasso fine dove si scia che è un piacere e, qualche tombolone a parte dovuto all'eccessiva velocità, arriviamo ai prati. Ci giriamo indietro. Forcella uomo è 800 metri sopra di noi e ci sembra impossibile essere scesi di lì.


Resta l'ultimo sforzo sotto un caldo cocente fino alla macchina. Oggi il sole non ha mai smesso di picchiare. Gli effetti si sono visti su Lorenzo quando ha iniziato a boxare sulle reti delle piste da sci chiuse.



Chissà quando mi ricapita un impresa del genere!



Le foto: Il primo giorno al rifugio Le Selle , Il sentiero attrezzato Bepi Zac, il sentiero alpinistico.




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