lunedì 5 gennaio 2009

26 ottobre 2008 – Cima Capi Ferrata Susatti – Foletti

Il 2° corso escursionismo 2008 è finito. Per lo meno il programma ufficiale. Gli istruttori hanno organizzato un’uscita facoltativa in ferrata sulle montagne del Garda.

Il Venerdì sera precedente ci troviamo in sede al CAI per provare l’attrezzatura generosamente prestata dall’alpinismo giovanile: imbrago, set da ferrata e caschetto.
Siamo una quindicina di coraggiosi, ma decisamente imbranati e la pazienza degli istruttori viene ripetutamente messa alla prova. D’altronde domenica non si potrà scherzare sulla sicurezza. Inizio ad avere un mal di pancia da paura.
Sabato provo ad indossare l’ imbrago così da essere sicura di non dimenticare come si fa per il giorno successivo.

Domenica, ore 6 partenza da Padova. La ferrata è classificata come facile e bellissima dal punto di vista panoramico, ma le foto trovate sul Web ritraggono anche degli strapiombi. Il mio mal di pancia si fa sentire di nuovo. Sono un po’ tesa.
Due degli accompagnatori invece sono rilassatissimi tant’è che non arrivano all’appuntamento e dobbiamo chiamarli a casa per svegliarli.

Ore 10 e 15, imbocchiamo il sentiero di avvicinamento nel bosco. I colori sono quelli dell’autunno e in qualche tratto tra i rami e le foglie si scorge il lago di Garda. Magnifico.
Si arriva all’attacco della ferrata Susatti. Buoni quaranta minuti per indossare l’attrezzatura e assumere il doping del perfetto alpinista ( frutta secca e banane) e finalmente attacchiamo.
Verso la parte finale della parete che dovremo affrontare si vedono altre persone che sono quasi arrivate. Mi convinco che ce la posso fare anch’io, ma il mio mal di pancia sembra contraddire la mia volontà.
Renato è davanti e ci da qualche nozione di arrampicata. Facile no? Procedo lentamente, cercando titubante gli appigli con le mani e con piedi. La cosa che mi risulta più difficile è lo sgancio e riaggancio dei moschettoni. Faccio una fatica tremenda a tirare giù la molla e una volta su tre, quando assicuro il moschettone al cavo, mi pizzico le dita. Dietro di me in parete seguono le due teste fine del corso, gli ingeneri ricercatori dell’università di Padova, e Renato propone loro l’invenzione del moschettone ad apertura vocale. Intanto però ci si arrangia con le mani.
Al di là della mia guerra personale con i moschettoni, mi diverto a cercare gli appigli con le mani, a trovare i punti di appoggio sui cui fare forza con i piedi per scalare la parete fino a quando, presa nelle mia velleità alpinistiche, mi dimentico di guardare cosa fa Renato davanti a me, e invece di seguire la sua traccia, mi infilo in un canalino chiuso in alto da una roccia inclinata nel quale mi incastro. Ci metto almeno dieci minuti per uscire nel passaggio da sesto grado che mi sono creata, rimettendoci anche un ginocchio. Gli ingegneri sotto di me ne approfittano per fare foto al panorama e al mio fondoschiena.
La parte finale della ferrata verso la cima è più facile.
Alla cima ci siamo arrivati credo nel doppio del tempo indicato nelle guide, ma fa lo stesso, la soddisfazione è grande, la meta è raggiunta. In vetta c’è anche la bandiera italiana quasi a celebrare la nostra impresa. Mi sento euforica e così i miei compagni quando arrivano. Riempiamo una pagina intera del libro di vetta per lasciare memoria della nostro passaggio. Foto di gruppo.
Pranzo e abbondate acqua per rimetterci in sesto e poi si scende per un’ altra ferrata, la Foletti.
In quaranta minuti la percorriamo. Solo un brivido in uno degli ultimi passaggi che sono in discesa. Attacco il moschettone al cavo e questo scivola giù di un metro fino al fittone. Capisco, che se sbaglio l’appiglio, farò la sua stessa fine. Sto attenta e indenne effettuo il passaggio.
Raggiungiamo il bivacco e poi ritorniamo al parcheggio dove abbiamo lasciato le macchine per un altro sentiero. C’è scritto “per alpinisti esperti”. Mi sento un drago! Ragazzi, che giornata! Una vera bomba!

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