giovedì 29 gennaio 2009

Corso Sci di Fondo 2009

I Mussati Patavini fanno parte degli sciatori della domenica, che abbandonano le nebbie della pianura e risalgono la Valdastico o la Valsugana in cerca di sole e neve.
Dalla fine dell’estate, il dilemma è stato Discesa o Fondo ? A gennaio ci siamo divisi tra i corsi CAI. (tranne CalìBabà che non sapendo scegliere si è diviso tra entrambi i corsi o meglio si è sdoppiato come in un’allucinazione).
Noi raccontiamo la nostra versione dello sci di fondo, quello che abbiamo visto e praticato. Sono convinta infatti che esistano molti modi diversi per affrontarlo: ad ognuno il suo.

Tecnica classica fai da te: metti gli sci da alternato sui binari e vai. Si fanno anche quindici chilometri in tutta tranquillità. Scivoli lentamente e ti godi la natura. Le piste non sono mai affollate perché quelli che vanno forte, ti superano e spariscono dietro la prima curva, mentre gli imbranati come te vanno al tuo stesso ritmo. Se partono prima non li raggiungi mai e se partono dopo non li vedi nemmeno. La cosa bella è che te la puoi raccontare finchè viaggi in mezzo all’altopiano, quindi soprattutto se sei in compagnia di un’amica, alla fine della giornata hai consumato il fiato lo stesso, anche se di chilometri non ne hai fatti molti. Davvero rilassante. E poi vuoi mettere l’abbronzatura che farà invidia a tutto l’ufficio ?

Skating. Attività fisica intensa. E’ faticoso. Ci vogliono fiato, gamba , coordinazione e tecnica. Anche i più atletici senza tecnica non fanno strada e senza fiato e gamba non si va in salita.
Iniziare da soli senza maestro rischia di diventare una tragedia stile fantozziano (leggende non troppo metropolitane raccontano di gente che si è spaccata appena messi gli sci ai piedi). Gli sci da skating, infatti, sono completamente lisci sotto e vanno da tutte le parti. Il movimento da fare è quello del pattinaggio ma se non spigoli lo sci ( spigolare = inclinare lo sci verso il bordo interno all’appoggio sulla neve) non vai avanti, ma soprattutto rischi di andare all’indietro o con una gamba da una parte e una dall’altra.
Ci vuole un po’ di tempo per imparare. Passo corto, passo lungo, passo doppio. Tecnica per la salita e per la discesa. E ci vogliono anche due polmoni ben ossigenati se si vuole fare strada. Il divertimento inizia dopo un po’ che ci provi. All’inizio è solo fatica ed è facile scoraggiarsi anche perché le prime volte si arranca per la salita contro la forza di gravità ( F = mg^2) e contro qualsiasi legge fisica ( ma come si fa a scivolare in salita? ) con il cuore a mille . Ma poi è soddisfazione ed è anche divertimento. Così che per celebrare il successo sportivo ti puoi compare anche la giacca WindStopper magari in saldo al 50% modello dell’anno prima.

Quest’anno, corso di skating base ma non troppo oppure avanzato ma non del tutto in Valmaron sopra Enego. Chilometri di piste che non finirò mai di fare.

Sull’altopiano erano decenni che non si vedeva così tanta neve. Bianco dappertutto, ovunque ti giri. I cartelli delle piste sono sprofondati nella neve, così come le malghe d’alpeggio.
Sciare è un vero spettacolo. E quando non ce la fai più ti fermi e guardarsi intorno è un’ emozione. Anche con la digitale sfigatissima comprata all’Auchan si riescono a fare belle foto.

Siamo alla terza lezione di corso: dieci allievi, un maestro della scuola nazionale, figo quanto basta, e veramente bravo. Riesce a seguire tutti, spiega anche tre volte se non capiamo. Ti incoraggia, ti corregge quando serve e riesce anche a farti i complimenti quando vede che hai fatto progressi. L’hanno scorso a Gallio non era andata altrettanto bene.

L’organizzazione CAI del corso di quest’anno è stata vantaggiosa quanto a prezzo delle lezioni, del trasporto e del noleggio. Un po’ meno nella logistica. Troppo permissivismo con i ritardatari la mattina e non capisco perché ci fanno fermare in Valsugana al Pescatore per fare colazione quando alla nostra destinazione c’è un bellissimo rifugio. Mi devo svegliare alle 6 la domenica mattina per mettere gli sci dopo le 10 e 30. E’ come andare in gita con i pensionati. Manca solo che passino nel pullman a vendere le pentole. C’è comunque la predica del prete, dieci minuti tutte le mattine, e con la benedizione si scia meglio. Roberto la ascolta con più attenzione di tutti gli altri perché in due ore riesce a farsi sempre venti chilometri, anche se lui nega che sia questo il vero motivo.

Obbiettivo non dichiarato di fine corso: sfidare Valentino sul tracciato agonistico. Ma al momento non ho ancora imparato il passo doppio e quindi perderei, con grande conseguenze negative per il mio ego. Mi accontento quindi di scivolare dolcemente sugli sci, ancora per qualche settimana, fino all’arrivo della Primavera.

lunedì 19 gennaio 2009

28 Dicembre 2008- Ciaspolata al Rifugio Città di Fiume (Bis)

Fine Dicembre, appuntamento a Piazzale Azzurri d'Italia e noi, una decina di intrepidi Mussati, ci ritroviamo come al solito con molto entusiasmo, pronti per compiere un'altra impresa degna di essere ricordata sul blog (ancora non esisteva, ma per noi ogni escursione è un'impresa e, degna o no, si racconta per settimane!).
Giunti in vista delle prime montagne, ci rendiamo conto di quanta sia le neve anche a bassa quota. Speriamo ce ne sia un po' di più tra Pelmo e Civetta, dato che devo collaudare le mie nuove ciaspe.
Dopo breve tempo, mi accorgo che il mio desiderio è stato ampiamente esaudito: almeno 2 mt di neve a bordo strada e 10° sottozero; la prossima volta eviterò di fare certi pensieri (!!#@&!#)!!
La prima impresa ci attende a Forno di Zoldo: una pasticceria con delle luccicanti vetrine attira inaspettatamente la nostra attenzione. Lottando duramente contro il freddo, abbandoniamo le auto ed entriamo a ingolfarci di krapfen e cappuccino...
Si riparte in auto: Forno di Zoldo, Zoldo Alto, Pecol, Palafavera...scolliniamo su strade sempre più scivolose e finalmente giungiamo al punto di partenza.
Lasciate le auto sul piazzale ghiacciato, con la paura di ritrovarle il pomeriggio tutte scivolate e ammucchiate a valle, si parte zaino in spalla in direzione del Rifugio Città di Fiume a quota 1.917 mt s.l.m.
Il primo tratto si svolge su una mulattiera ghiacciata ma con neve abbastanza battuta: i nostri scarponi da trekking sono un ottimo aiuto per salire agevolmente e superare altri escursionisti (evidentemente della domenica, non Mussati) che arrancano già con le ciaspe lasciando impronte come Annibale e gli elefanti.
Il paesaggio intorno è splendido: il sole illumina distese di neve morbida e soffice; tutto intorno una corona di montagne e cime innevate ci spronano a vincere il freddo e a continuare la salita. La camminata si svolge tranquilla e rilassata, accompagnata sempre da un leggero cadere di neve.
Dopo poco più di un'ora di facile cammino, dopo una leggera svolta a sinistra, finalmente ci appare il tetto del Rifugio. Circondato da muri di neve, con lunghe stalattiti di ghiaccio che cadono dai cornicioni, svariati bob rosso Ferrari parcheggiati all'esterno...per un po' mi sfiora l'idea di “prenderne” uno e ripercorrere in discesa la forestale!!
E invece no! Stoici e coerenti con il nostro obiettivo, inforchiamo i “piedoni” e ci inoltriamo fuori pista!
La ciaspolata inizialmente è un po' difficoltosa: bisogna prendere confidenza con il nuovo modo di camminare e risolvere i piccoli problemi tecnici di qualcuno. Poi lo spirito del Mussato emerge ed iniziamo a “sprofondare” in diligente fila indiana attraverso boschi innevati e immense distese bianche, assaporando il “gusto” di quel silenzio e di quei panorami belli da togliere il fiato.
E dopo qualche ora, in effetti, il fiato comincia a venir meno, più che altro perchè iniziamo a soffrire di un leggero principio di congelamento. A quel punto ci rimangono soltanto due opzioni: scavare una tana e andare in letargo fino al disgelo o tornare indietro prima del calare del sole.
Ora sono qui a scrivere questo breve resoconto, lascio a voi intuire qual'è stata la nostra decisione...
La giornata si conclude nuovamente a Forno di Zoldo: chi sceglie cioccolata con panna, chi un toast con la birra, chi un bombardino. Si sa: ai Mussati piace essere conviviali!!
Alla prossima avventura!

giovedì 15 gennaio 2009

28 Dicembre 2008- Ciaspolata al Rifugio Città di Fiume

Riporto le foto della ciaspolata al rifugio città di Fiume sotto il Pelmo che mi ha girato la Cri, facendomi morire d'invidia.
Sarebbe bello che chi c'è stato scrivesse qualche commento.

mercoledì 14 gennaio 2009

7 Dicembre 2008 - Giornata imprevista a Tonezza del Cimone

Inizio Dicembre e c'è già la neve sulle prealpi, tantissima neve, così decidiamo di andare a sciare sulle piste da fondo di Forte Cherle nell'altipiano dei Fiorentini per la prima della stagione. Le piste sono aperte e le strade pulite, almeno il sabato quando chiamiamo Forte Cherle per chiedere informazioni. Domenica, poco dopo Tonezza, troviamo la strada principale chiusa per slavine e la strada secondaria aperta solo alle macchine con le catene.
Cambiamo i piani e decidiamo di fare una ciaspolata dalle parti di Tonezza.
Al negozio di noleggio ciaspole ci consigliano di salire verso il Monte Cimone. Nella cartina si vede che il sentiero parte da un cimitero di guerra austriaco. E' in perfetto stile CAI, quindi decidiamo per questa meta.

Sul monte Cimone non arriveremo mai, perchè dopo quindici minuti di cammino nel bosco, all'ombra, nel gelo più totale, inizio a vedere tutto nero e poi... basta mi devo sedere prima di svenire.

I miei amici mi soccorrono tra il sorpreso e l'impaurito. Un po' di te caldo e liquirizia fanno il loro dovere e dopo un tempo indefinito mi posso alzare. Ma di continuare per la vetta non se ne parla nemmeno. Scendiamo a valle e cerchiamo ospitalità e calore in un bar ristorante, in realtà un po' squallido e con il riscaldamento spento, ma d'altronde siamo a Tonezza non a Cortina.


Dopo pranzo ciaspoliamo lì nei dintorni al sole. Niente imprese, ma camminare sulla neve fresca sotto il sole è godimento puro.

Qualche foto del pomeriggio scattata da Tabarez e da Comici.

lunedì 5 gennaio 2009

26 ottobre 2008 – Cima Capi Ferrata Susatti – Foletti

Il 2° corso escursionismo 2008 è finito. Per lo meno il programma ufficiale. Gli istruttori hanno organizzato un’uscita facoltativa in ferrata sulle montagne del Garda.

Il Venerdì sera precedente ci troviamo in sede al CAI per provare l’attrezzatura generosamente prestata dall’alpinismo giovanile: imbrago, set da ferrata e caschetto.
Siamo una quindicina di coraggiosi, ma decisamente imbranati e la pazienza degli istruttori viene ripetutamente messa alla prova. D’altronde domenica non si potrà scherzare sulla sicurezza. Inizio ad avere un mal di pancia da paura.
Sabato provo ad indossare l’ imbrago così da essere sicura di non dimenticare come si fa per il giorno successivo.

Domenica, ore 6 partenza da Padova. La ferrata è classificata come facile e bellissima dal punto di vista panoramico, ma le foto trovate sul Web ritraggono anche degli strapiombi. Il mio mal di pancia si fa sentire di nuovo. Sono un po’ tesa.
Due degli accompagnatori invece sono rilassatissimi tant’è che non arrivano all’appuntamento e dobbiamo chiamarli a casa per svegliarli.

Ore 10 e 15, imbocchiamo il sentiero di avvicinamento nel bosco. I colori sono quelli dell’autunno e in qualche tratto tra i rami e le foglie si scorge il lago di Garda. Magnifico.
Si arriva all’attacco della ferrata Susatti. Buoni quaranta minuti per indossare l’attrezzatura e assumere il doping del perfetto alpinista ( frutta secca e banane) e finalmente attacchiamo.
Verso la parte finale della parete che dovremo affrontare si vedono altre persone che sono quasi arrivate. Mi convinco che ce la posso fare anch’io, ma il mio mal di pancia sembra contraddire la mia volontà.
Renato è davanti e ci da qualche nozione di arrampicata. Facile no? Procedo lentamente, cercando titubante gli appigli con le mani e con piedi. La cosa che mi risulta più difficile è lo sgancio e riaggancio dei moschettoni. Faccio una fatica tremenda a tirare giù la molla e una volta su tre, quando assicuro il moschettone al cavo, mi pizzico le dita. Dietro di me in parete seguono le due teste fine del corso, gli ingeneri ricercatori dell’università di Padova, e Renato propone loro l’invenzione del moschettone ad apertura vocale. Intanto però ci si arrangia con le mani.
Al di là della mia guerra personale con i moschettoni, mi diverto a cercare gli appigli con le mani, a trovare i punti di appoggio sui cui fare forza con i piedi per scalare la parete fino a quando, presa nelle mia velleità alpinistiche, mi dimentico di guardare cosa fa Renato davanti a me, e invece di seguire la sua traccia, mi infilo in un canalino chiuso in alto da una roccia inclinata nel quale mi incastro. Ci metto almeno dieci minuti per uscire nel passaggio da sesto grado che mi sono creata, rimettendoci anche un ginocchio. Gli ingegneri sotto di me ne approfittano per fare foto al panorama e al mio fondoschiena.
La parte finale della ferrata verso la cima è più facile.
Alla cima ci siamo arrivati credo nel doppio del tempo indicato nelle guide, ma fa lo stesso, la soddisfazione è grande, la meta è raggiunta. In vetta c’è anche la bandiera italiana quasi a celebrare la nostra impresa. Mi sento euforica e così i miei compagni quando arrivano. Riempiamo una pagina intera del libro di vetta per lasciare memoria della nostro passaggio. Foto di gruppo.
Pranzo e abbondate acqua per rimetterci in sesto e poi si scende per un’ altra ferrata, la Foletti.
In quaranta minuti la percorriamo. Solo un brivido in uno degli ultimi passaggi che sono in discesa. Attacco il moschettone al cavo e questo scivola giù di un metro fino al fittone. Capisco, che se sbaglio l’appiglio, farò la sua stessa fine. Sto attenta e indenne effettuo il passaggio.
Raggiungiamo il bivacco e poi ritorniamo al parcheggio dove abbiamo lasciato le macchine per un altro sentiero. C’è scritto “per alpinisti esperti”. Mi sento un drago! Ragazzi, che giornata! Una vera bomba!

domenica 4 gennaio 2009

3 Agosto 2008 - Rifugio Brentari a Cima d'Asta

Lagorai - Massicio di Cima d'Asta.
Partenza da Malga Sorgazza m. 1450, in una domenica d'agosto che si mostra soleggiata. Direzione Rifugio Brentari Cima d'Asta m. 2476 .
Sentiero impegnativo, soprattutto nella parte finale prima di raggiungere il rifugio. Sarà stato per le roccette, sarà stato perchè era l'ultimo tratto dei mille metri di dislivello, ma la fatica si è fatta sentire.
La vista del Lago sotto Cima d' Asta quando arriviamo è fantastica : uno zaffiro incastonato tra i graniti. Sosta per un panino e poi dentro in rifugio dove nasce la discussione che porterà al nome "i Mussati Patavini".
Usciti dal Rifugio, dove le chiacchiere si sono protratte a lungo, Cima D'Asta è stata avvolta dalle nuvole, quindi rinunciamo alla salita e scendiamo a valle per la Forcella del Passetto e la Campagnassa (un po' lunghina anche perchè le forcelle erano ben tre). Riusciamo a vedere una marmotta e una famiglia di vicentini che ci supera alla velocità dei camosci prima di essere avvolti dalla nebbia fino alla fine del percorso.
Qui le foto.

Cartina KOMPASS n° 626

15-16-17 agosto 2008 - trekking in Val Montanaia

Due settimane di preparativi per pianificare l'itinerario, studiare le cartine, raccogliere adesioni e prenotare le brande nei rifugi. Il meteo a lungo termine è sempre stato dalla nostra, ma siccome il meteo a lungo termine non è affidabile, due giorni prima della partenza, l'Arpav ha iniziato ad annunciare forti temporali per ferragosto che si sarebbero però dovuti attenuare già dal giorno successivo.
Passati al piano B, che tagliava una parte del percorso previsto per il 15, partiamo comunque in otto con destinazione rifugio Giaf, dove troviamo una calorosa accoglienza da parte del gestore che ci fa provare la parete di arrampicata artificiale, e della sua famiglia che accompagna la serata con la chitarra.
La notte si scatena l'uragano e al nostro risveglio, contrariamente alle nostre speranze, alimentate da fasulle previsioni meteo, il termometro segna 5°C a 1400m, il cielo è nerissimo e soffia un forte vento (ci accorgeremo in seguito che a quote più alte aveva anche nevicato).
Dopo un democratico briefing, 7 contro 1 (quell'1 è Comici) optiamo per il piano C: rinunciamo alla traversata per il rifugio Pordenone e lo raggiungiamo invece in macchina.
Anche il piano C non può essere messo in pratica: la stradina della val Cimoliana che porta al rifugio non è percorribile in auto perché le forti piogge hanno ingrossato il torrente che in alcuni punti la attraversa.
Lasciamo le macchine a valle e guadiamo a piedi. Finalmente il tempo volge verso il bello, ma sono già le 2 del pomeriggio del secondo giorno.
Occupiamo il pomeriggio con una breve escursione al belvedere che ci permette di ammirare da lontano il famoso Campanile di Val Montanaia e andiamo a cercare il formaggio alla casera Meluzzo che è chiusa, ci resta la consolazione di aver avvistato un cerbiatto.
Terzo giorno: paghiamo un conto piuttosto salato al rifugio, ma almeno il tempo sembra tenere.
Il piano D prevede di risalire la Val Montanaia per arrivare fino al Campanile e al vicino bivacco Perugini. La salita è impegnativa perché il sentiero si arrampica ripido lungo un canalone dalle cui pareti scende l'acqua delle piogge dei giorni precedenti, ma la soddisfazione è grande una volta raggiunta la nostra meta.
Qui le foto della nostra impresa, anche qui e poi qui e ancora qui. C'erano ben 4 macchine fotografiche waterproof!

Cartina TABACCO n°2.

sabato 3 gennaio 2009

Il corso escursionismo base 2008

Da aprile ad ottobre del 2008 il corso escursionismo ci ha portato in giro per le nostre montagne, dai vicini Colli Euganei fino all'altissimo Piz Boè del Sella.

Riuniamo qui tutti i link alle raccolte di foto scattate in occasione delle varie escursioni:
Colli Euganei
Val Imperina

Altipiano di Lavarone e Luserna
Cima Cavallazza e Val Venegia

Tre Cime di Lavaredo

Col di Lana
Piz Boè
Cima Capi


5 ottobre 2008 - al Becco di Filadonna

5 ottobre 2008 - Becco di Filadonna.

Partenza dal bar ristorante Sindech
(1113m), presso il passo della Fricca, salita per il sentiero n.439 alla seconda e terza cima del Cornetto e al Becco di Filadonna (2150m) e successiva discesa per il sentiero n.442 con sosta al rifugio Casarota (1572m) e ritorno al Sindech.




Splendida giornata con cielo terso, temperatura rigida la mattina e una spruzzata di neve fuori stagione sulla cima che ha reso l'arrivo in vetta e soprattutto la discesa un po' più complicati, ma che ci ha dato l'impressione di aver compiuto un'impresa alpinistica.

Cartina KOMPASS n°631.