mercoledì 28 luglio 2010

6 giugno 2010 - Arco - Placche Zebrate - Man-ilia

Arco - Placche Zebrate. Posto mitico per chi arrampica. Un parcogiochi di calcare dove il gioco è l'aderenza, un paretone di 600 metri nella valle del Sarca proprio sopra il lago di Garda. Ma come ci siamo finiti noi sotto le placche zebrate ?
Avevamo raccontato a Renato delle nostre piccole esperienze di arrampicata, forse gliene avevamo parlato con troppo entusiasmo, quello di chi ha appena cominciato e ha voglia di spaccare il mondo e così domenica mattina alle 8 ci siamo trovati in macchina direzione Arco.
Non avevamo idea delle sorprese che ci avrebbe riservato la giornata.
In macchina Roberta tira fuori la guida della falesia e ci chiede cosa vogliamo fare. Io sfoglio il libretto e leggo: Opera Prima -100m - 5b, Via della mimosa -100 m 7c, Donne in cerca di guai 120m -5b , 46° parallelo -180 m -4c....
Qualcosa non mi torna, ma penso che si può sempre fare il primo tiro e poi scendere e riprovarne un altro. Alle numerate di Rocca Pendice si fa così, no? Ma lo tengo per me.
Fermiamo la macchina nel parcheggio del bar "le placche Zebrate" che è proprio di fronte alle parete, dall'altra parte della strada e facciamo colazione.
In macchina prendiamo imbrago, corda casco, rinvii e altro materiale. Renato ci chiede quanti cordini abbiamo e se abbiamo la piastrina e qui c'è una altra cosa che non mi torna. Io a Rocca alle numerate , i cordini non li ho mai usati e nemmeno la piastrina, ma per fortuna ce li ho. Magari oggi imparerò qualche manovra nuova.
Di nuovo la domanda " allora ragazzi che via facciamo oggi? ".
beh cominciamo con un tiro qualsiasi non proprio difficile, dico io e poi vediamo e così decidono che si parte con Man-Ilia che capirò dopo perchè si chiama così.

Attraversiamo un sentiero nella pineta, mi sembra di essere a Lignano. Fa un caldo disperato e sudo l'impossibile per camminare 10 minuti. Ad un certo punto Renato suggerisce di mettersi il casco e così guardo in alto dove vedo da vicino il paretone dove dovremo salire. Inizio a sudare ancora di più.

Il patto è questo. Facciamo il primo tiro vediamo come va e poi decidiamo se andare più su o scendere. Renato dice che fare un tiro o farne sei è lo stesso e anche se la cosa non mi convince più di tanto, la prima lunghezza , al di là della tensione e del caldo è abbastanza facile.
Siamo due cordate. Renato e Tabarez portano su la corda.
Quando Renato arriva al secondo rinvio della via ( circa 10 m ?. Si vede che ad Arco gli spit costano moltissimo), Tabarez parte e Renato gli da qualche indicazione sulla linea da seguire. Io e Roberta saliamo per seconde. Tabarez sembra non avere tentennamenti ed è sicuro. Io ho la corda dall'alto che psicologicamente aiuta molto. Il primo tiro è un terzo grado e non ho mai dubbi su dove mettere piedi e mani, perciò quando Renato chiede se ce la sentiamo di proseguire, diciamo di sì senza esitazioni. Così, lentamente saliamo. Sono così rilassata che anche in sosta non tolgo mai le mani dalla roccia nonostante gli sfottò dei miei compagni. Primo, secondo, terzo tiro e finalmente arriviamo in un terrazzino comodo. Siamo a 90 metri da terra e per la prima volta guardo in basso. Se guardo sotto sotto fa un po' impressione, ma se guardo un po' più in là, vedo il bosco, la strada, il lago, cavolo, perchè non siamo andati al lago oggi?
Beviamo un po'. Io aspiro come un'idrovora la mia bottiglietta di acqua e sali. Mi ricarico un po'.

Si riparte, siamo a metà ormai ma qui.. inizia il difficile. Renato avvisa che ci saranno un paio di passaggi leggermente più complicati e parte. In effetti , qui la parete è un po' liscia. Ci sono dei tratti da fare in aderenza e non è così facile fidarsi. Sono un po' in apprensione per Tabarez e stringo fortissimo la corda. Gli spit sono lontani. Su 40 metri non usiamo nemmeno 10 rinvii. Adesso capisco a cosa servivano i cordini. Renato quando può, li infila nelle clessidre naturali della roccia e il rinvio lo passa anche lì.
Salgo da seconda e dovrei avere una corda bella tesa dall'alto, e invece capita che la corda me la trovo che fa un ansa sotto di me. Tabarez recupera la corda!! Ma proprio oggi doveva imparare a recuperare con la piastrina ? Renato dagli un occhio!
Quarto tiro fatto.
Il quinto, non finisce più. Sono cinquanta metri. E' divertentissimo ,però, perchè per i piedi non ci sono molte prese ma ci sono delle maniglie bellissime per le mani. In ogni caso ho magnesio ovunque, non solo sulle mani, ma anche sui vestiti e sulla faccia. Posso tenermi su con qualsiasi cosa.
Al sesto e ultimo tiro, c'è un dietro da affrontare che Roberta definisce buono per il marmo del santo. Io e Tabarez stanchi facciamo un po' di casino con i rinvii e lui parte senza. Ma Roberta suggerisce di usare quelli che ha già messo Renato e così siamo salvi.
All'uscita della via, Tabarez è velocissimo e faccio una fatica incredibile a far sicura con il mezzo barcaiolo e mi pizzico le dita almeno sette volte.
Alla fine siamo fuori tutti. Finisco tutta l'acqua. Gli altri mangiano. Io ho lo stomaco ancora troppo chiuso.
Per scendere un sentiero ripidissimo, scivolossimo e molto più pericoloso dell'arrampicata.
Tabarez ha una faccia stranissima e dopo un po' mi dice " Io non ho avuto paura".
Io mi sento invece come Forrest Gump che senza capire perchè è diventato un'eroe. Anch'io ho semplicemente corso.

Sosta per coca gigante al bar "le Placche Zebrate", dove scopro che esiste un libro dove si può lasciare una dedica. Una sorta di libro di vetta. Me lo leggerei tutto, ma c'è poco tempo. Si torna a casa.

In sentesi: Man-Ilia 220 m. 6L 4c. La mia autostima è in forte crescita. Io e Tabarez resteremo in una sorte di trance mistica per tutta la settimana successiva.

Un grazie sincero a Renato e Roberta. Chissà quando ci ricapita.


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